La stella “chiara e secura” e il culto a Maria della poetessa Vittoria Colonna

Vittoria Colonna scrisse squisite liriche, sacre e profane, ma in ambito divulgativo le sue opere restano in secondo piano, quasi trascurate rispetto a quelle di altri artisti del Rinascimento. Eppure, donna di grande sensibilità, fu celebrata in vita da papi, cardinali e letterati; Michelangelo ebbe per lei “stabile amicizia ligata con cristiano nodo e sicurissima affezione”.
L’Ariosto nell’ Orlando Furioso (canto 37) la paragonò alle fedeli donne antiche:

Meritar laude per aver voluto,
Morti i mariti, esser con lor sepolte
Quanto onore a Vittoria e più dovuto
.

Molti altri la rimpiansero dopo la morte, avvenuta nel convento dove si era rinchiusa. Perché dunque questa negligenza nella comunicazione moderna, quasi che a secoli di distanza soddisfino, per le opere, il suo desiderio di “umiltà di spirito” anche nella memoria?
Di certo non c’è un solo motivo a questa mancanza – come in tutte le cose umane –. Vi ebbero ed hanno una loro parte la politica, la crisi e le disgrazie della Chiesa di allora e una certa storiografia o filmografia popolare che ha identificato il Rinascimento solo come l’epoca perversa e scandalosa dei Borgia e dei Medici, tacendone i molti meriti e bellezze.

Vittoria nacque a Marino nei Castelli nel 1490 e morì a Roma nel 1547. Fu figlia di Fabrizio signore di Genazzano († 1520), illustre capitano di ventura. Sposò nel 1509 Ferrante d’Avalos, marchese di Pescara, cui venne fidanzata per ragioni politiche a 5 anni; dal matrimonio non ebbe figli, ma fu sempre fedele al marito, ne sopportò il mestiere e la vita di condottiero e quando morì nel 1515, dopo la battaglia di Pavia, provò straziante dolore. Espresse però da allora con forza la sua vocazione letteraria e in casa sua raccolse i migliori intellettuali del tempo. Assecondando anche una sincera spiritualità e a una fede ardente, non nascose il desiderio della riforma di una Chiesa:

d’alga e di fango omai sì carca
... e a rischio andar la barca
.

Per questa sua aspirazione, comune a tanti personaggi di sensibilità di un’epoca ormai prossima alla Riforma del Concilio di Trento (1545), e per l’incontro con gli eretici Giovanni de Valdés († 1542) e Bernardino Ochino († 1564) venne sospettata di aver favorito il protestantesimo. Fu difesa dal cardinale inglese Reginald Pole († 1558) che le consigliò di non addentrarsi troppo in questioni religiose.
Furono queste sue relazioni un altro motivo di dimenticanza se non di ostilità? Di fatto gli studi moderni pongono l’accento o propongono, con insistenza, una ambiguità e una contrapposizione che Vittoria Colonna non ebbe.
Il suo desiderio infatti non fu un cedere all’eresia, un voler entrare nelle “cose di religione”. Tutt’altro. Come raccontò su di lei, nell’interrogatorio, Pietro Carnesecchi eretico († 1567):

“Attribuiva molto alla grazia e alla fede in suoi ragionamenti. E d’altra parte nella vita e nelle azioni sue mostrava di tenere gran conto delle opere, facendo grandi elemosine ed usando carità universalmente con tutti” ...

Non una deviazione dottrinale, dunque, ma il credere e voler vedere uno spirito divino:

che purga e rinnova
Dal lezzo antico l’alma vera Chiesa
.

“L’indole di questa Chiesa ... governata dal successore di Pietro non era alterata” ma, come lei scrisse al cardinale Marcello Cervini (poi papa, † 1555), essa era per lei, “l’arca che salva ed assicura”, la “sposa del celeste imperador, nostra vera madre” (così Reumont nel libro su di lei del 1883).
La riprova della sua fede cattolica, fu concretamente nel culto alla Vergine e nell’invocazione dei santi, così poco amati dal protestantesimo.
Maria Santissima restò per lei la meravigliosa Madre del Signore e, negli immensi nostri affanni, la chiara e sicura stella che appare in questo sonetto:

Stella del nostro mar chiara, e secura,
che ’l Sol del paradiso in terra ornasti
del mortal sacro manto, anzi adombrasti
co ‘l vel virgineo tuo sua luce pura,

chi guarda al gran miracol più non cura
del mondo vile, e i vani empi contrasti
sdegna de l’hoste antico, poi ch’armasti
d’invitta alta virtù nostra natura.

Veggio il figliuol di Dio nudrirsi al seno
d’una vergine madre, ed hora insieme
risplender con la veste humana in Cielo;

onde là su nel sempre bel sereno
al beato s’accende il vivo zelo,
al fedel servo qui la cara speme.


Paola Ircani Menichini, 19 maggio 2023.
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